Perdersi a New York
pare sia impossibile, perché le strade sono tutto sommato numeri. Peccato che
io con i numeri sia una ciofeca, ma per fortuna siamo nel mondo moderno,
quindi, invece di impazzire con una cartina che non sapevo ripiegare, potevo
discretamente controllare sul cellulare, fingendo di stare guardando dei messaggi. New York, la grande mela. Devo
specificare che nei miei 4 giorni di pendolarismo non mi sono mossa da
Manhattan, e ho quindi il rimpianto di non aver visto Brooklyn. Ma si porrà
rimedio a questo, la vita è lunga e la mia wanderlust è tanta. Prima tappa è
stato l’Empire State Building. Sfidando le mie vertigini ho preso il biglietto
valido fino al 102esimo piano. Ne è valsa la pena, se non altro per guardare lo
skyline dall’alo. Troppo in alto, perché a parte lo skyline non è che si
potesse distinguere molto. Mi ha affascinato però vedere le cisterne dell’acqua
sui tetti, i palazzi e spingere lo sguardo fino all’orizzonte. Da sola, io e la
mia audio guida, sul tetto del mondo.
Seconda tappa, Times
Square. Una delusione. Me l’aspettavo più viva, più allegra, più luminosa,
invece è un trappolone per turisti senza un granché di particolare da fare o da
vedere. Ci passi, fai la foto, fai video cantando Nuova York di Scamarcio,
rischi il TSO e poi basta. Ma andava vista, perché tutto sommato le mie
passeggiat3e avevano come trama ricorrente il passare nei posti che ho visto
sul grande schermo o di cui ho letto. Motivo per cui sono passata per Bryan
Park e davanti alla biblioteca di New York, rivivendo nel mio piccolo le avventure di Sex & the City. Grande star
della giornata è stato il Moma. Con l’audioguida e la giusta
predisposizione mentale io l’ho trovato meraviglioso. A parte una mostra
temporanea di Bjork, ma io penso che Bjork sia inquietante, quindi non faccio
decisamente testo. Ma la sezione dell’arte del 19-20 esimo secolo, quella è
meravigliosa. Posto che gli americani adorano i futuristi, sale e sale di
futuristi, che neanche in Italia gli diamo tanta importanza, ma poi gli
impressionisti, una stanza intera dedicata alle ninfee, Klimt, mai abbastanza
Klimt. E poi Van Gogh. Signori miei, Notte Stellata è il dipinto più triste,
vibrante e vivo che io abbia mai visto. Ora, sarà che il mio rapporto con Van
Gogh è definitivamente influenzato da Doctor Who, ma il caro Vincent si
conferma come uno dei pittori che più profondamente riesce a toccare i miei
sentimenti. Klimt mi piace, ma a livello puramente estetico, stessa cosa per
gli impressionisti, ma Van Gogh, Van Gogh è anima.
Sono rimasta nel Moma
tantissimo tempo, quindi il tempo di tornare in stazione e di prendere il
treno. Peccato che sulla strada del ritorno io mi sia letteralmente persa in un
bicchiere d’acqua e sia finita a little korea. Alla fine sono riuscita a salire
sul treno, quindi nema problema.
A casa mi
aspettava la serata pizza (Perché la pizza del NewJersey la devi provare). A
spezzare il pane con noi, c’era la famiglia del fratello di M. Essendo il
numero di uomini presente in stanza superiore a due, il discorso è stato
monopolizzato dalla politica. Ed essendoci una rappresentante di un Paese
straniero nella stanza, perché non dimenticare le disgrazie interne e passare a
parlare della politica italiana? E all’estero la politica italiana, a quanto
pare, è sinonimo di Berlusconi. Mi sono trovata a dover spiegare che no, non è
il nostro attuale premier, a doverne raccontare la storia politica e
giudiziaria, parlando anche di Belen, Ruby, Lele Mora e Emilio Fede, della
Mediaset e della rai, cercando di salvare il salvabile del nostro Paese. Per
fortuna il padre di E. è repubblicano, quindi poi lui e C. si sono scannati
su Obama, lei è democratica. Io sono rimasta a riflettere in silenzio sulla
nostra immagine al’estero così misera. E non ho dovuto neanche parlare di
Grillo o Salvini per fare questa figuraccia di merda.
Il giorno dopo Rockfeller Center, dove
c’è la pista di pattinaggio, tanti negozi, tra cui quello spettacolare della
lego. L’interno del palazzo principale, da dove si sale al punto di
osservazione Top of the Rock, sembra il Ministero della magia di Harry Potter,
tutto in marmi scuri, luce soffusa e al posto dei caminetti della Metropolvere,
i tornelli per accedere agli ascensori che portano agli uffici.
La terrazza panoramica
è molto più soddisfacente della vista dall’Empire. Il fatto che si trovi in una
posizione più centrale e che sia un cecinino più bassa, consente di avere una
visuale spettacolare, con uno skyline più definito e una vista mozzafiato su
Central Park. Qui E. mi ha fatto notare Broadway, l’unica strada che della
griglia se ne frega. In origine, quando la città era ancora olandese, Broadway
altro non era che un sentiero per vacche, che ci si è limitati ad asfaltare.
Altro che la strada dell’estro teatrale, vacche, vacche ovunque.
Vostra e sciagattante,
Platypus
*___* Bellissimo.
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