Non sono molto ferrata nell'ambito dell'arte. Non sono una grande critica e vado per sensazioni, a volte anche sbagliate, a volte anche stupide. Ho anche dei preconcetti, piccole cose ma che certamente non mi aiutano a capire del tutto l'arte. Magari non la capisco tutta, ma me la godo.
Tipo, dopo aver visitato il museo di Magritte, so per certo che i gruppetti di amici surrealisti si divertivano da morire. Tutti i video in cui Magritte, la moglie e gli amici recitano hanno in comune una specie di risata muta, non sono affatto inquietanti.
Cose del genere. Stupide, ma che mi fanno stare a cuore più leggero.
E poi c'è Frida.
La storia la conoscete tutti. non ve la racconterò.
Le influenze le conoscete tutti. Eviterò di tediarvi.
Quello che vi dirò è solo questo: nei suoi quadri ci si riconosce sempre un po'. Nella tristezza, nella gioia, nel lancinante dolore fisico e mentale, in Rivera, perché tutti abbiamo un nostro Rivera, che può essere o meno una persona, ma più spesso è un sogno o un'idea.
E nonostante tutto questo lei diceva questo:
Alla fine della mostra, c'era un tabellone con mosaici rotanti: a fronte un dipinto di Frida, sul retro di ogni tassello una sua citazione. Abbiamo fatto un gioco, ognuna di noi girava una tessera alla cieca e faceva sua la frase sul retro. A me è capitata questa:
Vostra e sciagattante,
Platypus
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