Norwegian Wood è entrato nella mia vita esattamente quando doveva. O meglio, ho capito che era entrato nella mia vita al momento giusto. Come tanti libri che popolano gli scaffali delle librerie dei miei, ad un certo punto è comparso. Ho il non tanto vago sospetto che sia stato comprato da mia madre su suggerimento del nostro libraio di fiducia, che ha gusti quasi perfettamente coincidenti con i miei. Perché Norwegian Wood non è un libro che mia madre avrebbe mai comprato di testa sua. Mai.
La trama penso sia ormai nota ai più: è un romanzo di formazione, di crescita, ma soprattutto un romanzo dove i vari personaggi hanno modi di affrontare il dolore e la vita. Protagonista assoluto è Watanabe, diciottenne giapponese che deve costantemente fare i conti con il ricordo del suicidio del suo migliore amico del liceo, Kizuki. Le ombre di questa morte si allungano sulla sua vita a Tokyo, dove si è trasferito per l'università: si innamora infatti di Naoko, l'ex ragazza dell'amico. Contemporaneamente ha una storia, di amicizia, amore, salvezza con Midori.
Naoko è fragile, Midori anche. Ma la reazione al dolore e alle difficoltà è diversa: tanto Naoko non riesce a venire a patti con la sofferenza, quanto Midori lotta ogni giorno e prova a sorridere. L'altra grande differenza è che Midori ama Watanabe come persona, Naoko lo ama come riempitivo, come stampella. Senza Watanabe, Naoko è poco. Senza Watanabe, Midori ce la farebbe. Assetate di amore entrambe, entrambe caratterizzate da una storia personale di sofferenza, Naoko non riesce a reagire. Midori si.
Watanabe sta nel mezzo, vorrebbe essere un principe azzurro che le salva entrambe, ma ha bisogno di essere salvato lui stesso.
Quando ho scritto che mia madre non avrebbe mai comprato il romanzo, non parlavo a caso. Troppo sesso, troppa depressione, troppi suicidi. E come lei tanti altri, perché non è un romanzo che possa essere letto in un qualunque momento della propria vita. Personalmente l'ho letto la prima volta a sedici anni, l'ho apprezzato, ma non l'ho capito del tutto. Quando l'ho riletto a diciotto anni, ecco, solo allora sono riuscita ad andare oltre la storia d'amore. Indubbiamente, le citazioni d'amore abbondano e sono bellissime, perché non sono scontate, non sono il solito carico di melassa spalmato a tutta pagina. Non è un amore maturo, ma è un amore ancora un po' adolescenziale, che conserva un retrogusto un po' amaro, perché mette in bella mostra quei bisogni un segreti che si avrebbe voglia di poter comunicare alla persona della quale si è innamorati. Segreti che di solito fanno scappare a gambe levate chi ci si trova di fronte.
Segreti che Naoko non riesce mai a dire, che le rimangono impigliati nella punta della lingua. Segreti che Midori non teme di rivelare, che fanno di lei tutto quello che nella vita vorrei essere.
Una delle mie citazioni preferite è quando Midori ammette che vorrebbe un tipo di amore particolare, un tipo di amore che le permettesse di fare i capricci, che lei definisce "una perfetta libertà". O quando non ha paura di mostrarsi a Watanabe in tutto quello che è, senza pausa del suo giudizio, come quando si fa portare a vedere un film porno in un cinema.
In questo libro trovo spettacolari anche i dialoghi tra i personaggi. Sono sempre un pelino più profondi o poetici che nella vita reale. E non è una cosa da poco.
Ogni volta che nella vita reale ho provato ad avere conversazioni del genere con qualcuno del quale ero invaghita, mi sono trovata a sbattere contro un muro di imbarazzo. O di risatine, perché parlavo in maniera così particolare. Con gli amici no, invece, sono sempre riuscita ad andare un po' più a fondo.
In realtà probabilmente un Watanabe che mi venga dietro nelle mie elucubrazione sarebbe difficile da trovare. Ma io provo comunque ad esprimere il mio approccio Midori al mondo, l'approccio di una persona che nonostante tutto e tutti vuole essere felice e ci prova, in una sua maniera un po' dissacrante ma sincera. Naoko no, non vorrei mai essere Naoko, anche se ogni tanto sarebbe l'approccio più semplice: sedersi per terra e disperarsi.
Nel romanzo Midori è già cresciuta, già formata. Naoko ci rinuncia e Watanabe ci arriva nel corso del romanzo. Tre modi di approcciarsi, tre modi di vedere il mondo e le difficoltà.
Di Norwegian Wood è stato realizzato anche un film, nel 2010. Per trovarlo ho fatto carte false, ho penato mesi. Ma alla fine ce l'ho fatta, vedendolo in giapponese con i sottotitoli in inglese. Uno di quei rari casi in cui il film non delude così tanto le aspettative. I climi sono rispettati, i tempi, le pause, pure. Bello, ne è valsa la pena. Midori rimane Midori anche nel film. Il personaggio non è stato tradito.
Perché il libro mi ha cambiato la vita? A parte Midori (e penso si fosse capito), mi ha avvicinato a Murakami. La cosa divertente è che Norwegian Wood è in assoluto uno dei libri che si allontana di più dal suo stile. Eppure, quando ho letto "La fine del mondo e il paese delle meraviglie" e mi sono ritrovata in un mondo completamente diverso, onirico tanto quanto Norwegian Wood era reale, beh, mi sono innamorato e sono diventata una piccola Murakamiana. Tra le mie scorrerie in libreria, dopo averne trovato tutti i romanzi, sono passata alla raccolte di racconti.
È successo questa estate, mentre rientravo da Roma in Puglia, nella pausa tra la fine degli esami e la laurea. Quando scendo in Puglia in treno, ho una tradizione: a Termini, da BorriBooks, scelgo un libro. Non entro con un'idea definita, vago tra gli scaffali con la mia valigia e mi lascio ispirare. Mi ha chiamato dallo scaffale, "I salici ciechi e la donna addormentata". In treno l'ho aperto e ne ho letto i racconti. Tra i racconti, in maggior parte scritti in gioventù, eccoli lì disseminati, piccoli nuclei di Norwegian Wood. Di uno lo sapevo, il racconto "La lucciola", ma degli altri non ne sapevo niente. Mi sono sentita ricca. Mi sono sentita felice.
E vi risparmierò la fibrillazione delle nuove grafiche di copertina, così belle e minimali. So solo che mi sono fatta sequestrare la carte di credito per evitare di fare spropositi, ovvero di ricomprarmi tutti i libri. Resisterò.
Vostra e sciagattante,
Platypus
Murakami è così. Se ti prende, hai voglia a farti sequestrare le carte di credito. Potresti ritrovarti a scippare le vecchiette il giorno della pensione, pur di correre in libreria a comprare gli altri.
RispondiEliminaCredo che parte della depressione del libro stia nel fatto che il vero amore è Naoko, non c'è niente da fare. Il vero amore è il primo, quello impossibile, quello irraggiungibile, quello idealizzato. Per tutti è così. Esistono le esperienze, come quelle che fa watanabe, ma non lasciano niente. Esistono poi le favole, che uno sente di poter realizzare, "allora ti starò sempre vicino Naoko", e non sarebbe così difficile, e sarebbe così bello, ma che per un motivo od un altro non ce la si fa. Perchè? Beato chi si innamora una sola volta, rimane innamorato e non esce dalla favola. Perchè l'amore è irripetibile e se non funziona avrai sempre il rimorso, il rimpianto di non sapere come sarebbe andata la favola. L'happy ending, se uno ha la fortuna di innamorarsi, dovrebbe essere lì, a portata di mano, e invece vola sempre via, un attimo prima. Come la lucciola che quando la rinchiudi si spegne e muore, l'amore mantiene il suo fascino se può volare via e perdersi nel buio della notte. E a noi non resta che vivere di ricordi. Di rimorsi. Di sofferenze. E poi magari l'happy ending arriva, ma dopo quante cicatrici? La paura è che i dolori, le perdite, ci atrofizzino il cuore, e che noi non saremo più capaci di amare puri e disincantati come il primo amore
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