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martedì 10 dicembre 2013

Avventure ad alto tasso di distrazione, vol.1

Ieri dovevo andare in università di pomeriggio. Alle 18.00, che è una cosa contro qualunque diritto dell'uomo, ma pazienza, si trattava di faccende extracurricolari. Amen. 
Dopo un week end ricco di soddisfazioni, comprensive di far tardi ogni sera ed alzarsi relativamente presto al mattino, lunedì pomeriggio ero uno straccetto per pulire per terra. Ma seriamente. Dopo pranzo sono collassata sul letto senza alcuna dignità, la spoglia orba ed immemore. Ovviamente mi sono addormentata in una posizione improponibile, ancora adesso ho la scapola che ancora mi rinfaccia il fatto di essere quasi diventata ala. Il braccio sinistro ha chiesto vendetta per ore. In questa mia fretta di collasso, non ho puntato la sveglia. Poco male, quanto può durare un pisolino pomeridiano post prandiale? Nel mio caso sempre troppo. 

La mia concezione di divertimento a letto
Non è colpa mia. A me dormire piace, specie d'inverno, quando fa freddo. Comincio una simbiosi col piumone, il calzino dalla caviglia risale il polpaccio, le maniche si allungano a coprire le mani lasciando fuori le dita,  la sciarpa diventa filtro per il mondo esterno, solo la punta del naso fuori. E dormo, al caldo e pigra. Si tratta dello stesso motivo per cui la domenica mattina non mi alzo dal letto fino all'ultimo momento utile, rimanendo a leggere sotto le coperte per ore, senza sfidare il gelo del mondo esterno.Io e il mio piumone, altro che Me and my Bobby McGee.

Il problema è che ieri, quando sono emersa dalle tenebre, ho lanciato un'occhiata distratta all'orologio. Il panico. La piccola Bianconiglia che è in me ha messo in moto la macchina infernale: denti, trucco, borsa, cellulare, borsellino del tabacco, scarpe, capelli, CAPELLI, argh, testa in giù e scuoti tutto, orecchini,, allaccia la scarpa, chiavi, abbonamento, porta, portone, autobus in lontananza, scatto felino ed autobus preso al volo. Mi installo su un sedile. Anche oggi ce l'ho fatta.

Attorno a me bambini. Con le mamme. Bambini appena usciti da scuola, letteralmente di ogni sfumatura che non fosse il bianco. E le mamme anche. Chi cl velo, chi con la coda, chi con le treccine e questi nanetti che ridevano, si chiamavano e scherzavano. Le mamme con l'accento straniero, i bambini con una calata romanaccia che lèvate. Belle scene multiculturali a Roma Sud. 
Un piacevole cambiamento dalla nonnina che ti fa spostare dandoti colpetti sulle caviglie con il bastone. Roba che a confronto quella di Zidane non era una testata, ma un dolce metodo per fare le fusa.

Facevo queste riflessioni, pensavo a che bello il mondo, specialmente quando riesci a sederti sull'autobus, e poi mi dico che magari è un attimo il caso di avvisare la mia amica che farò un po' di ritardo. Estraggo il cellulare dalla tasca, apro WhatsApp, ma qualcosa mi ha disturbato. Ho posato il cellulare. Attorno a me, tutto normale. Il paesaggio fuori, idem. Scarpe? Allacciate.Borsa? Chiusa e poggiata sulle gambe. Capelli? Non impigliati in niente. Smalto non scrostato, nessun odore molesto, nessun rumore molesto. Non capivo. 
Riprendo il cellulare. Riapro Whatsapp. 
Ancora disagio.
"Qualcosa mi ha disturbato. Non so
esattamente cosa, ma qualcosa mi ha disturbato."
Il cellulare non era troppo caldo, non c'erano macchie sul display. Avrò ricevuto qualche messaggio? No, nessuna icona lampeggiava. Ma allora cosa, cosa? Ho controllato lo stato della memoria, controllato le conversazioni, l'ho spento e l'ho riacceso. Ci ho soffiato anche sopra per buona misura. Nel frattempo sono arrivata ed ho abbandonato l'autobus. Dovevo aspettare la coincidenza. Guardavo il mio cellulare. Ho accettato il disagio e mandato il messaggio. Perplessa. Mi sarei accesa una sigaretta, ma sapevo che se lo avessi fatto, al primo tiro sarebbe arrivato il mio autobus, condannandomi a buttarla o ad aspettare il successivo per i successivi vent'anni.
Molto perplessa. Mi sono grattata la testa. L'orologio si è incastrato nei capelli. Sfilandomelo dal polso, l'ho sbrogliato. In una mano l'orologio, nell'altra il cellulare. Ancora disagio. E poi ho capito. 
Avevo sbagliato a leggere l'orologio.
Quello che credevo essere un ritardo cosmico, era un anticipo imbarazzante. Di un'ora. 

Vostra sciagattante e distratta

Platypus



5 commenti:

  1. ahahahahaha! Splendida! Sai che è capitato anche a me una volta? Ho riso per mesi... :-)

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  2. Platypus sei fantastica!
    E poi le citazioni di "This must be the place"...io credo di amarti :*

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  3. Ahahahah! Sono con te Platy, ti scrive uno che in questo momento è attaccato al termosifone come un dattero di mare allo scoglio ;) Colui che quando il suo coinquilino in Inghilterra lo venne a svegliare, fu trovato completamente sepolto sotto un piumone bianco con un solo piedino nudo scoperto (per bilanciamento termico): "Raffy, sono le otto!", "Di mattina o di sera?? -_____-"

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