Pagine

lunedì 13 luglio 2015

Felice

Una settimana fa mi sono laureata. 
Oggi ho ritirato il certificato di laurea. Eppure l'highlight della settimana non è stata la discussione o la cena con la famiglia. Ci sono stati dei momenti (il mio amico G. che è saltato sul motorino nel momento in cui gli ho detto che la discussione era stata anticipata, la telefonata con i nonni, F. che arriva in tempo per il brindisi dopo aver attraversato una Roma infuocata e aver fatto un esame).

Il momento più bello è stato la festa, a San Lorenzo. C'erano delle grandi assenze (fisiche, io lo so che dalla Germania C. era lì con me), eppure c'era una rappresentanza di tutte le persone importanti della mia vita, da ogni ambito. Sorella, la mia compagna di banco del liceo, coinquilini, amici, compagni di corso. Tutti lì, la mia gente, che si conosceva, andava d'accordo e condivideva storie imbarazzanti e divertenti su di me. Contro ogni previsione, è stata la situazione alla Big Fish che ho sempre sognato. 
Sto dicendo i miei addii, qui a Roma. Mi sembra anche il momento giusto per fare bilanci.

Ho smesso di stupirmi del fatto che la gente mi voglia bene. Sono una persona che questo affetto se lo merita. 
Ho smesso di credere che solo perché un ragazzo esce con me devo sentirmi riconoscente e farmelo piacere per forza. Ho il diritto di trovarti noioso e non avere paura di dire "no, grazie".
Ho la sicurezza necessaria per provarci con i ragazzi e di entrare in una stanza come se mi appartenesse. 

La me di tredici anni sarebbe felice. La me di 23 anni, lo è.

Vostra e sciagattante,

Platypus



domenica 28 giugno 2015

E poi la paura se ne va. 
Succede che un giorno ti svegli e decidi che adesso basta, ma basta veramente. Prendo in mano le redini della situazione. Ho preso seriamente in mano le redini del mio futuro. Ho fatto un piano A, B, C e perfino D. Ho deciso che l'autocommiserazione e l'ansia mi avrebbero solo rovinato la vita. 

Ho fatto un colloquio a Milano, per un master, il piano A. 150 persone per 30 posti. Sono uscita e volevo piangere, perché mi avevano torchiato, fatto un sacco di domande. Non sono mai stata zitta. E mi consolavo pensando ai piani B,C e D. 

Il giorno dopo mi hanno chiamato. Il piano A, la mia prima scelta, funziona. Andrà.
 Da settembre mi trasferisco a Milano con mia sorella. 

Una nuova vita, una nuova avventura. 

Vostra e sciagattante,

Platypus

lunedì 8 giugno 2015

Lo, so, sto latitando. Ma da quando ho deciso di riprendere in mano le redini della mia vita, per la legge di murphy, il mondo ha deciso di intromettersi. 

Ogni giorno è una corsa. 
nel giro di due settimane sono stata benedetta dalla defecatio aerea dei piccioni per tre volte. 
A Roma i mezzi di questa stagione sono la risposta non eco chic alle saune finlandesi.

Invio curriculum, invio curriculum come una disperata. Cerco master. Aspetto risposte. Lavoro a un progetto da free lance, lavoro con storie molto tristi. Sto cercando di uscire con ragazzi, per non perdere l'abitudine. Mi aggiro per casa in pantaloncini e maglietta oversize del college. Lavoro e rilavoro sulla tesi, in una fatica che ha molto di Sisifo. Non finisce mai e comincio ad odiarla. Sono arrivata oltre la sindrome di Stoccolma. 

Ogni mattina mi sveglio con gli occhi sbarrati, chiedendomi che cosa ne sarà di me. Senza la s blesa di Muccino jr, ma con la voce impastata, i capelli sconvolti, in un bagno di sudore. 

Ma ce la farò. Dalla mia ho la testardaggine e una più che discreta dose di faccia tosta. 
Non devo avere paura. 
Non devo avere paura.
Non devo avere paura.
Non devo avere paura.

Vostra e sciagattante,
Platypus

sabato 9 maggio 2015

Get your shit together!

Stamattina ho realizzato che devo "get my shit together". L'eureka mi è arrivato mentre ero sotto le macerie del mio armadio di Tiger, tra grucce, abiti, borse, il telo plastificato della copertura, debris di giunti di plastica e tubi di metallo. Sono rimasta intrappolata lì sotto per venti minuti, perché non riuscivo a venirne fuori e perché stavo piangendo.
Quando ho rivisto la luce e ho esalato una boccata d'aria che non fosse solo foglietti di naftalina aromatizzati alla lavanda, ho deciso che devo uscire da questo stato debilitante da "sono appena tornata", pubblicità della Costa crociere, tutti i diritti riservati.
La verità è che io il mio ritorno non me lo aspettavo così. 
Mi ero immaginata un po' una cosa tipo il funerale del padre del protagonista di Big Fish, tutte le persone che amo dei vari campi della mia vita che si riuniscono, che stanno assieme. Mi ero anche immaginata che avrei trovato tutto come quando sono partita, come se questi tre mesi non fossero mai passati.
La verità è che, anche senza di me, le cose sono andate avanti. Il crudo realizzare di non essere la stella polare, il Sole delle mie cerchie mi ha destabilizzato. Per carità, lo sapevo, ma realizzarlo è sempre duro. 

Penso sia anche il motivo per cui di solito sono restia a prendere e partire da sola, per il terrore di perdermi qualcosa di importante, divertente, di essere altrove quando le cose capitano. Beh, novità: l'ho fatto e non sono morta. Dispiaciuta, ma non morta.

Quindi, stamattina, come una piccola donna coraggiosa, ho chiamato il mio amico F., abbiamo smaltito quel che restava del mio armadio e ho comprato dei bauli dal negozio cinese all'angolo. Un armadio non mi conveniva. Starò qui fino a luglio, ma poi chi lo sa. 

Miei amici e coetanei cominciano a trovare lavoro e a trasferirsi. Saluti con la musichetta di Scrubs in sottofondo e la consapevolezza che il tempo non si ferma ad aspettare nessuno (un'altra frase alla Fabio Volo così e siete autorizzati a smettere di leggermi).

La mia laurea non sarà quella festa pirotecnica in cui tutti si vogliono bene e non ci sono i gruppetti dei vari amici sparsi. Probabilemte non troverò il lavoro dei miei sogni subito dopo la laurea. E mi sono dovuta estirpare un pelaccio nerissimo da un neo in viso.

Ho risistemato la stanza, sono stata produttiva e ho cercato di essere meno acida. 
Mi sono autoconvitna che no, non morirò zitella e che avere matchato su tinder con una guardia svizzera non sarà l'apice della mia vita simil sentimentale. 
Io sono Platypus, e in America sono riuscita a perdere 5 kg, contro ogni previsione.
Io sono Platypus e si, posso piangere per un armadio che mi cade addosso, posso soffrire di una wanderlust debilitante e allo stesso tempo desiderare di non muovermi mai dal mio divano.
Io sono Platypus, e a tutte le anime in pena come me, posso solo consigliare una cosa: l'armadio di Tiger, 30 euro non li vale.

Vostra e sciagattante,

Platypus

giovedì 7 maggio 2015

In Italia.
Sono rientrata alla base, ancora soffro del jet lag.
In una scena alla Ross e Rachel, Netflix è qui con me. il mio primo giorno in patria è stato passato sul letto con C., tutti gli episodi di Scrotal Recall in una botta sola e Hageen Dazs al cioccolato, comunemente noto ai più come orgasmo in barattolo.

I capelli verdi sono volati via, causa colloquio. Che non ho idea di come sia andato.

Saudade.
Vorrei essere in America, ma vorrei essere qui. E non vorrei essere in nessuno dei due posti.


mercoledì 22 aprile 2015

Mi sono innamorata

Prima di partire mi ero ripromessa che  qui non mi sarei innamorata. Mi ero detta che mi sarei divertita, ma non avrei perso tempo con nessuno in particolare. Poi, a una settimana dal mio arrivo, ho incontrato te. 
Ho provato a resisterti. A renderla solo una cosa casuale, si, solo quando ho tempo e se mi va. Discreto e fermo, mi hai fatto innamorare. 
Quando ero in chiusa per la tesi hai rispettato questo mio desiderio, il mio impegno, eppure eri presente, in maniera discreta. Non c'è mai stato bisogno di grandi parole, o grandi discorsi. You get me, riesci a capire sempre di cosa ho bisogno. Pomeriggi trascorsi sulla panca sulla veranda col bel tempo, o andare a dormire e guardarti. 
Qualche volta a causa tua la mattina mi sono svegliata in ritardo e sono arrivata in classe trafelata, struccata, e tutti potevano leggermi in faccia, tutti sapevano. Ma non me ne importava niente. Ho pensato di rompere con te prima che andasse troppo avanti, ma non ci sono riuscita. E adesso siamo a questo punto. Come il canto della fenice, ti dedico più tempo del solito, ma ogni volta mi sento un po' più bugiarda.
Non ti ho mai detto di preciso quando sarei partita. A una settimana dal rientro in Italia ancora faccio la gnorri, e anche tu, che mi proponi piani per il futuro.
Ma non può continuare. 
Sarò vigliacca e ti dirò che parto la sera prima, quando saremo io e te in camera mia. Farò la stronza, sarò incorruttibile, anche se tu mi dirai che ci sono modi, una soluzione si trova e m chiederai almeno un milione di volte se sono proprio sicura.

Il giorno dopo salirò sull'aereo che mi riporta a casa, che mi riporterà ai miei flirt illegali e che avranno una qualità pessima dopo quello che ho provato con te.

Però ti ho amato, Netflix. Al modico prezzo di 7$ al mese, ti h amato.

Vostra e sciagattante,

Platypus

P.S. What did you expect?

mercoledì 8 aprile 2015

Chi ha paura della Montessori?

Nonmai pensato avrei fatto l'insegnate. Non sono brava. La conferma l'ho avuta quando ho dovuto gestire l'Italian Movie Night da sola.
Arrivo, infilo il film nel lettore dvd, 15 minuti di trailer che non si possono saltare. Va bene, aspetteremo, sono anche arrivata in anticipo. Classe piena. I trailer finiscono. Prima di iniziare, vedo che sono tutti al cellulare. Un ragazzo è in pigiama. Parlano, urlano e scherzano. Mi schiarisco la voce. Silenzio. Posso decidere di fare l’arcigna o quella a cui non frega nulla. Decido per una via di mezzo, la cool TA.
-Ragazzi, stiamo per iniziare. Mi è stato detto che devo segnare i nomi di chi usa il cellulare e disturba, ma non fatemelo fare, ok?
Premo play, il film inizia e non ci sono i sottotitoli in inglese. Non si può tornare al menù. Sono costretta a togliere e rimettere il dvd, altri 15 minuti di trailer e ovviamente tutto il prezioso briciolo di credulità che avevo accumulato si è disperso. Durante il film qualcuno usava il cellulare e un paio di persone dormivano. Tra cui quello in pigiama che era evidentemente arrivato preparato.
In una ipotetica catena alimentare, sono sotto i broccoli e gli operatori della TIM.
Ma non a questo ci ha chiamato il Signore, e quindi mi sono lanciata nel giorno successivo, con tutto l’entusiasmo che potessi raggranellare. E con varie missioni: evitare l’epidemia di congiuntivite, l’epidemia di bronchite, finire la tesi e cambiare un ragazzo.
Il ragazzo in questione è il mio vicino durante il corso sulla guerra civile. È dall’inizio delle lezioni che, porello, ha un raffreddore di quelli rari. Ma fate scemare la vostra compassione: l’uso dei fazzoletti gli è sconosciuto, quindi il naso va rigorosamente tamponato con la manica, il dorso della mano o si tira su tutto con una potenza d’aspirata da far invidia ai peggiori cocainomani.
Scene che mi fanno uno schifo raro. Allora ieri ho giocato d’anticipo. A inizio lezione ho piazzato sul mio banco un pacchetto di fazzoletti, pronta a essere passive aggressive se necessario. Anche a eliminare il passive sbattendogli la testa sul tavolo.
Alla prima tirata su col naso, mi giro, tap tap sulla spalla, sorrido e gli porgo il pacchetto. Lui risponde no grazie. Decido di non condannarlo, magari non ha mai visto i fazzoletti confezionati in questa maniera. Alla sua successiva tirata su col naso, in maniera molto plateale, estraggo un fazzoletto, lo spiego e faccio una bella soffiata energica, seguita da un respiro profondo scevro da muchi che esprimeva tutto il mio benessere.
I risultati non si fanno attendere. Cinque minuti dopo, tap tap sulla mia spalla e Joe mi chiede se può avere “one of this”. Dentro di me parte la samba, mi sento la Montessori, Anna dei Miracoli che ha insegnato a Helen Keller a dire Agua, Don Milani. Gli porgo il pacchetto e non sa estrarre il fazzoletto, ha bisogno di una mano. Sorrido e lo tiro fuori io per lui, del resto anche la Keller aveva detto Agua e non Acqua al primo tentativo. Orgogliosa, lo guardo che spiega il fazzoletto. È un piccolo passo per uno studente, ma un grande passo per l’america tutta. Il fazzoletto è spiegato. È nella sua mano destra. Sto raggiungendo livelli di beatitudine e illuminazione rari.
Usa il fazzoletto per tamponare l’inchiostro in eccesso.

Col il braccio sinistro si strofina il naso.

Barbari.

 E poi oggi sono inciampata in un vero esempio di insegnamento attivo.
Durante la lezione dell’una, affettuosamente chiamata la fossa dei leoni o la trincea, uno degli studenti intratteneva un gruppo. Facendo la vaga, mi sono avvicinata a origliare, perché tanta concentrazione e attenzione in quella sezione dello zoo non era stata mai rilevata.
-So, how do you say it, ?
-Ciola. You say it ciola.
-the spelling?
-So, c-i-o-l-a, and you don’t pronounce it siola, but ciola, it’s easy. It’s the same sound you make to say ciao.
Dopo cinque minuti tutto il gruppetto era in grado di scrivere e pronunciare correttamente la parola. Il ragazzo ha doti nell’insegnamento, anche più di me. Poi si sono accorti che me la ridevo e hanno smesso, ma devo ammettere, bravi. La fonetica dell’italiano si potrebbe insegnare con le parolacce vista la prontezza con cui compitavano e si applicavano.

It's a mad world.

Vostra e sciagattante,

Platypus

Licenza Creative Commons
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Condividi allo stesso modo 4.0 Internazionale.