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venerdì 16 maggio 2014

Hope, at last

Le settimane orribili finiscono e ne iniziano altre, meno faticose, meno orribili, ma ovviamente con un tempo meteorologico di merda. Ma io sono un ornitorinco ottimista, non mi arrendo e vado avanti, con i capelli che si muovono al vento e, di conseguenza, somigliando a un clown emo. 

Ieri mattina sono arrivata in università con un attitudine zen, ripetendo il mio mantra: oggi sarà una bella giornata, oggi sarà una bella giornata. Non aveva importanza l'essermi svegliata dando una testata al muro, l'aver rischiato l'impiccagione con la sciarpa. Doveva essere una bella giornata. Incredibilmente così è stato. Fino alle 12.00.

Già  mettere le lezioni dalle 12.00 alle 14.00 è un serio attentato a qualsiasi diritto umano. Il primo problema fondamentale è sull'orario del pranzo. Applicare la prassi ospedaliera e mangiare alle 11.30, o mangiare alle 14.30, mandando a quel paese tutti gli orari dei tre pasti successivi? l dubbio mi attanaglia e nelle ultime settimane sto facendo il doppio pranzo, un po' come la doppia colazione degli hobbit. I miei pingui cosciotti ringraziano. 

Ma il mio buon umore non poteva essere scalfito da inezie come il cibo. Io ero più forte, io stavo per raggiungere il Nirvana e neanche la professoressa tanto amante de Il Zoom sarebbe riuscita a portarmi via la mia beatitudine. Avevo deciso che avrei passato la giornata con un sorriso disarmante, pronta a testimoniare che il mondo non può fare così tanto schifo. 

Io e la mia amica G. prendiamo simpaticamente posto. Attacchiamo i pc, perché noi siamo gente tecnologica. Il fatto che il mio decida autonomamente di riavviarsi perché ne ha voglia non mi turba. Il mio net book è un bimbo speciale e io gli voglio bene anche per questo.
L'aula è gremita, siamo in due corsi di laurea a seguire queste lezioni. 

Accanto a me e G. prendono posto due ragazze. Ma io sono persa nella contemplazione del mio computer, che non solo ha deciso di funzionare, ma mi sta effettivamente aprendo il programma di cui ho bisogno per la lezione, portandomi a livelli di commozione di quelli rari.

La professoressa entra e poi sparisce in una nuvola di fumo, lasciando al suo posto l'assistente, che ha solo voglia di piangere e che a un quarto della lezione non avrà più voce, cominciando quindi a esprimersi come Darth Vader. Fino a scoprire un microfono. 

La dottoranda/ricercatrice/assistente si sgola spiegando come far funzionare il bizzoso programma. Nel mio orecchio destro cominciano a infilarsi fastidiosi squittii.

-Cioè zì, ma funziona così? Zì, ma sei sicura?
Un piccolo tic mi parte all'angolo della bocca. Cerco di isolarmi e provo a immergermi in un bagno caldo mentale, pensando a cuccioli pelucchiosi e a Joseph Gordon Levitt. Il metodo sembra funzionare.

Eccomi, sono su un prato, gioco con i cuccioli puciosi, Joseph Gordon Levitt si avvicina, mi sorride, apre la bocca e dice:

-Certo che zì stamo un pezzo avanti noi, se o potemo fà un selfie? Che dici zì? Lo metto su instagram e ci scrivo che siamo le mejo zì.

Al tic all'angolo della bocca, si aggiunge quello dell'occhio.




Tutta la lezione continua così. A un certo punto mollo gli appunti e mi metto a scrivere insulti sul quaderno. G. mi esorta alla calma, io cerco un fucile su E-bay. Le mie orecchie vengono perforate da "zì...zì...zì" a intervalli costanti. Il fucile mi costerebbe troppo. Al limite della sopportazione, finalmente la lezione finisce.

Sulle panchine, al sole. Si potrebbe fare un dipinto della deposizione. Attorno a me alle mie amiche gente felice che si laurea. Maledetti, tutti. Nuvole passano davanti al sole, tutto è grigio, tutto è noia.

-Sai D., Platypus oggi ha rischiato di fare una strage.
-Dici G.?
-Già. 
-Non so cosa mi abbia trattenuto. Spero che questa cosa mi abbia almeno migliorato il karma, ma ho bisogno di un segno, di un qualcosa che mi dica che ho fatto la cosa giusta a non spillare la bocca a quelle ragazze.

Dopo mezz'ora, mentre guardo rancorosa i neo laureati, si avvicina una ragazza. Ha un vassoio in mano e una corona d'alloro in testa. 

-Ragazze qualcuna di voi vuole un dolcetto? 
Tutte le mie amiche negano e io, memore del simpatico pranzo alle 11.30, accetto.
-Ecco brava, lei è coraggiosa, tutti a dirmi di no. Ma  la gente non ci pensa proprio a costruirsi un buon karma?

Le nubi si squarciano, un raggio di sole illumina la ragazza, partono dei cori angelici, io rimango a guardarla con gli occhi spalancati, ch'ogni lingua deven tremando muta. Mentre la ragazza si allontana, io rimango lì folgorata.




Spring me lo dice:
-Hai avuto il tuo segno.

Vostra e sciagattante, 

Platypus

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