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sabato 22 marzo 2014

Memoir familiari, 2: La susta

A volte la mia mente parte in loop. Si fissa sempre sugli stessi pensieri e non ne esco più. Non sempre sono pensieri allegri. L'unica cosa da fare in questi casi è spegnermi e riavviarmi, come un computer riottoso. A volte funziona, a volte no e allora i pensieri devono andarsene da soli, col tempo. 

Sono sempre stata una rimuginante. Anche da bambina. potevo passare ore seduta sul divano a rimuginare, con i capelli pazzi e le sopracciglia aggrottate. Mia Nonna, quella che ha sempre abitato con noi, passava e mi guardava e chiedeva:

-C' tein, la sust?, ovvero Che hai, la susta?

Quello della susta è un concetto tipicamente pugliese, come il priscio o la sconfidenza. La susta è una certo malessere interiore su cui una persona rimugina e rimugina e rimugina, si arrovella e non si esprime. 

Anche le maestre della scuola materna lo sapevano. Quando Nonna veniva a prendermi e mi trovava così, mentre mi riconsegnavano dicevano: "Oggi ha la susta", alzando le sopracciglia e roteando gli occhi. Nonna sospirava, mi dava la mano e ci avviavamo verso la scuola elementare per prendere mia sorella. Una bambina con i capelli indomabili, mano nella mano con una vecchietta in un cappotto lungo nero. Al cancello della scuola Sorella ci aspettava. 

-Che ha Checca?
-La susta. 

A casa nel pomeriggio, quando Madre e Padre rientravano, mi guardavano, guardavano Nonna.
-Di nuovo la susta?
E mia Nonna, apriva le braccia, alzava le spalle, metteva il mento in fuori e sbuffava. Madre roteava gli occhi e mi chiedeva.
- Ma perché quella faccia lunga? Sempre a lamentarti? Hai litigato con qualcuno?

A volte rispondevo.
-Non ho la susta, sono annoiata. 
Non ci credeva nessuno.

A volte non rispondevo e sbuffavo. Sbuffavo un sacco quando ero bambina. 

Padre provava a farmi il solletico. Lo guardavo malissimo. Sorella aveva da tempo capito che quando avevo la susta era meglio stare alla larga, perché non volevo giocare e preferivo starmene per conto mio.

Quando ero bambina non sapevo che dovevo spegnermi e riaccendermi per non pensarci più. La dovevo solo far scaricare, poi tornavo come al solito. Per fortuna però durava lo spazio di una giornata e niente più.

Ogni tanto mi viene ancora la susta.
-Ma che hai?, mi chiedono. Mi verrebbe da rispondere la susta, ma poi troppa fatica per spiegare cosa sia, che è normale, non è che io sia particolarmente triste o altro, che deve passare da sola e se non passa devo solo spegnermi e riaccendermi. 
-Niente, dico, sono solo un po' stanca.

Ma mentre lo dico, li sento, quei pensieri ingarbugliati dentro di me che girano e si arrovellano, sferraglianti e poco precisi. E penso che prima o poi lo spiegherò a qualcuno, questo concetto della susta, così mi si potrà capire meglio. 


Vostra sciagattante e sustata,

Platypus

6 commenti:

  1. ciao, sono sorella di susta.
    io però da bambina fissavo i lampioni e mangiavo ghiaccioli immaginari. vedrai che se lo dici ai tuoi si consolano.

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    1. ahahahah. io chiamavo già allora Madre invece di mamma.

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  2. da tua conterranea (e da bambina tendenzialmente troppo riflessiva) capisco benissimo di cosa parli. possibile che sia una caratteristica territoriale? perché noi abbiamo coniato un termine apposito e il resto del mondo no? il racconto di te e tua nonna all'asilo ha risvegliato anche in me tanti ricordi...

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  3. Holly Golightley aveva le paturnie, noi la susta :) Sarà un problema di noi pugliesi?Secondo me siamo come il terreno calcareo della nostra terra: non ci facciamo scivolare via niente, assorbiamo tutto e nascondiamo fiumi di pensieri nelle profondità delle nostri menti contorte :)

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