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lunedì 19 gennaio 2015

Do you get me?

Come tutto il resto della popolazione mondiale, mi piace di essere in qualche modo speciale. Tutto regolare. La differenza è che non mi sono fissata con il favoloso mondo di Amèlie, nonostante condivida con lei la piacevolissima sensazione dell'affondare la mano tra le lenticchie o mi faccia spesso domande non sense.
Ma sto divagando...
Allora, mi piace pensare di essere speciale e non come tutti gli altri, dicevamo. Questa pretesa del voler essere speciali ha una componente abbastanza adolescenziale, del genere "non mi capisci, nessuno mi capisce", insomma, si è capito il tipo.
In realtà la gente mi capisce, perché basta un po' di psicologia spicciola, la stessa che serve per scrivere gli oroscopi, leggere i tarocchi e dare i consigli nelle colonne della posta del cuore di Natalia Aspesi. Muniti di tale enorme saggezza basta poco, la gente mi dice ciò che voglio sentirmi dire, mi rassicura. Ma quello che voglio sentirmi dire è veramente ciò che ho bisogno di sentirmi dire?

Eppure il dubbio mi rimane... do you get me?

Una volta qualcuno mi ha capito e mi ha fotografato, mentalmente. 

"Mi sembri un quadro di Hopper.".
"Chi?"
"Il pittore che dipingeva ritratti di gente, sai, forti contrasti di luci ed ombre."
"Esempio?"
"I nottambuli".
"E in che modo te lo ricorderei?"
"Seduta sul gradino, sola mentre fumi, l'ombra del balcone che divide nettamente il sole e l'ombra. >Sembri proprio un quadro di Hopper".

Poi li ho visti i quadri di Hopper. Tutti i soggetti sono soli, anche in compagnia, nel viso hanno una stanchezza che non è derivata dalle cose che stanno facendo. Sono... stanchi. E soli. E pensano. Melanconici, tra la luce e il buio.

"Poi l'ho visto qualche quadro di Hopper".
"Piaciuti?"
"Si, ma i soggetti sembrano... tristi. Insoddisfatti, ma sembra non facciano nulla per cambiare".
"Si."
"Ma io sono così?"
"Pensi troppo. Pensi troppo a quello che ti potrebbe fare felice e che non hai. Non pensi alle piccole cose che ti possono rendere felice nel corso della giornata".
"Tipo?"
"Tipo le piccole cose belle. trovare un centesimo per strada, vedere un quadro in una scena di quotidianità. Non pensare ai piccoli ostacoli brutti. Essere contenta di quello che hai."
"Ma io voglio di più"
"..."

E vivo ancora con il dubbio lancinante: ero stata capita, o mi aveva detto quello che volevo sentirmi dire?

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