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mercoledì 26 febbraio 2014

Memoir familiari, 1: L'egira

Ci sono poche cose della mia vita che mi pento di aver fatto. Sono poche e trascurabili, tipo i tagli di capelli giusto per, o quelle patatine fritte che stasera avrei potuto evitare. una è un po' meno trascurabile. Per lo meno nell'ottica di Madre, che ad oggi continua a raccontare. A dire il vero è la prima cosa che racconta quando le chiedono di descrivermi caratterialmente.
Madre inarca il sopracciglio, alza la mano con un indice per aria, prende il fiato ed esordisce con:

-A sei anni e mezzo Platypus è scappata di casa. 

Stupore nell'interlocutore, io alzo gli occhi al cielo e lei rassicura sulla veridicità della storia. L'interlocutore mi guarda, preoccupato per l'evidente demenza senile della mia genitrice, io annuisco, gli occhi socchiusi, le spalle alzate. La storia è vera.

-Era febbraio, il compleanno di mio nipote. Erano già le cinque del pomeriggio, avevo Figlia Grande e Nonna influenzate. Facevo avanti e dietro tra la cucina e la camera da letto, mettevo a posto il bucato. Platypus stava facendo i compiti di matematica, aveva appena finito e io le strappai una pagina tutta piena di scarabocchi, dicendole di copiarla in bella e di sbrigarsi che poi dovevamo andare alla festa del cuginetto. Lei alza gli occhi al cielo e dice "In questa casa non si può più vivere". Io mi feci una risata e andai in camera da letto. Mi ricordo che sentii la porta dell'ingresso aprirsi e chiudersi, e che pensai che mia madre, con tutta la febbre, stesse mettendo fuori la busta dell'immondizia. Torno in cucina e trovo mia madre e Figlia Grande sul divano, nella stessa posizione nella quale le avevo lasciate. "E Platypus?", "Non era con te?". Uscii sul pianerottolo, andai a controllare sul terrazzo, chiamai zii, nonni e cugini. Dopo un paio d'ore facemmo la denuncia ai carabinieri, ero devastata. Padre che era in ospedale ad operare tornò, c'era un sacco di gente a cercarla. Era ormai buio.

L'interlocutore a questo punto mi guarda, guarda Madre e chiede se fossi tornata da sola.

-No, la trovò un vicino di casa. Quella notte me la sono messa nel lettone e ho dormito con le gambe sopra di lei, tanto ero terrorizzata. E questo per dirti di che pasta era fatta. Poi, qualche giorno dopo io le chiesi "Ma dove te ne sei andata, così, da sola, col grembiulino e senza giacca?", e lei, questo soldo di cacio, mi guarda, sbuffa e mi dice "Mamma, per cortesia. Non possiamo metterci una pietra sopra?".

A questo punto l'interlocutore di turno si rivolge a me.
-Ma perché lo hai fatto?
-A mia discolpa, ci avevo messo un pomeriggio intero a fare quegli esercizi di matematica e non erano poi così disordinati.

Madre allora, rotea gli occhi ed esclama (sempre, va sempre così)
-Ecco, è con questo tipo di logica che io ho dovuto combattere crescendola.

Mi pento di essere scappata di casa quel pomeriggio. Ma solo per la preoccupazione che diedi ai miei. Ma quella libertà assoluta di camminare, quell'essere un po' fuggiasca e circospetta, anche il leggero freddo sul viso...quello mi è piaciuto. La libertà di scegliere che strada fare.

Che poi, Madre non tiene conto di un paio di cosette... a quattro anni e mezzo lei è scappata ben due volte dall'asilo, una volta con l'aggravante di aver trascinato con sé mia zia, di un anno più piccola. E una volta è scappata dalla colonia elioterapica, a sei anni. 

Evidentemente l'impermeabilità alle regole in età infantile scorre nei geni. E quando glielo ricordo, lei, reprimendo un orgoglio che conosco bene, mi dice:
-Si, ma poi quante ne presi da tua nonna!, ecco, io so che in realtà anche lei non si ricorda tanto della punizione, quanto della libertà assoluta di quei momenti randagi. E capisco che, per quanto sia cosciente che quello che ho fatto io a sei anni e mezzo sia stato folle, ecco, è cosciente che a persone come noi, la libertà piace, piace fin troppo. Sa che, nonostante si lamenti del mio voler viaggiare, partire sempre con qualche nuova iniziativa, non potrei essere altrimenti, perché anche lei se avesse avuto le stesse possibilità, avrebbe fatto le stesse scelte.

Io e Madre siamo molto simili. 

Per sicurezza, però, se mai deciderò di riprodurmi, la mia prole avrà un braccialetto con GPS incorporato. Non si sa mai.

Vostra e sciagattante,

Platypus

2 commenti:

  1. "La libertà di scegliere che strada fare" parrebbe eppure non è una cosa così scontata.
    Ho scoperto amaramente sulla mia pelle, che ci sono strade che non scegli e che chi ti ama non sempre può voltare l'angolo e raggiungerti. Non sempre si può percorrere una strada solo perché ci rende felici. Ci sono le strade del dovere che vanno percorse con pazienza e forza, prima di mettere avanti se stessi. Quindi è bello che tu abbia provato quella sensazione di libertà pura. Perché poi da adulti sarà difficilissimo trovare il coraggio di aprire quella porta e sopratutto di chiudersela alle spalle. Sarà molto più facile essere chiusi fuori, per paura di non trovare la forza per rimanere dentro la strada del dovere.

    Ps eri una sovversiva inside!

    F.q.c.

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