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domenica 30 marzo 2014

Tutta colpa dei calzini

Proust mangiava dolcetti e si perdeva nel flusso dei suoi ricordi. A me è capitato mettendo a posto il bucato, nella fattispecie appaiando i calzini. Il che dovrebbe porre delle significative domande su come la trivialità della mia vita non potrà mai produrre capolavori osannati dalla critica mondiale, ma me ne farò una ragione.

Dicevo, stavo appaiando i calzini. Me ne è capitato in mano un paio, di quelli lunghi e alti, a righe arancioni, verdi e neri. Anche più decenti di certi orrori che abitano il mio cassetto della biancheria. Mentre li piegavo, una considerazione mi è piombata addosso: quel paio di calzettoni mi accompagna dalla seconda media. Da quando avevo 12 anni. E c'è da dire che sono ancora in ottime condizioni, un altro paio di stagioni invernali se le possono fare tranquillamente. Mi sono seduta sul letto, circondata da calzini voltanti, slip e canottiere che da giorni bramavano il ritorno al loro cassetto. Lì seduta, i calzini in mano, mi sono anche ricordata del momento in cui sono entrati nella mia vita. 

Nel 2004 in Puglia, nel mio paesone, le ragazzine di tredici anni cercavano di far collimare le vestigia della fase da scolaretta di Britney con i sussulti del nuovo millennio, ovviamente senza esserne minimamente consapevoli. Quando si usciva la domenica mattina minigonna e camicetta erano d'obbligo. Alla minigonna andavano religiosamente abbinati scaldamuscoli o calzettoni colorati. Chi aveva la madre ggiovane esponeva la pancia scoperta, incurante dei rotolini di ciccia ancora infantile che facevano capolino.


Inutile dire che Madre non approvava questo look. Col senno di poi non posso fare che ringraziarla. Innumerevoli volte non riuscivo neanche a uscire dalla mia stanza senza che la solerte genitrice mi rispedisse a mettermi qualcosa addosso, in modo da non sembrare una Lolita uscita male. Il mio modo di vestire era oggetto di accanite liti, alla fine delle quali arrivavamo a mediare, a fare dei trattati. Penso che questi calzettoni con gli scaldamuscoli arancioni abbinati rientrassero in uno di questi armistizi.

Con i calzettoni ancora in mano (e il bucato attorno che chiedeva vendetta), mi sono chiesta dove fosse finita la dodicenne che ero e quando fossi arrivata io. Mi sono guardata allo specchio. Grazie al cielo c'è stato un miglioramento estetico.

Durante le medie, per rimandare il tragico momento della ceretta, Padre era riuscito a convincermi che non toccando i peli superflui mi sarebbero caduti da soli con lo sviluppo. Sfoggiavo allora fieramente un monosopracciglio di tutto rispetto con dei baffetti niente male. Per non parlare della ciccia ancora infantile. E i capelli. Fino ai tredici anni ho rifiutato di tagliarli, erano lunghissimi, ma me ne vergognavo. Troppo ricci, troppo ribelli. Li portavo sempre legati in una coda che non mi stava bene. Le medie, i miei anni ingrati per eccellenza.

E adesso i miei capelli li porto gonfi, ricci, che affermano la mia presenza e pazienza se ovunque io vada li dissemini. Lo faccio con orgoglio.

Quella dodicenne non c'è più (grazie al cielo). Sta tornando di moda la pancia scoperta e sospetto che nella moda i rigurgiti anni 90 non si fermeranno qui. Resta il fatto che questi calzini sono con me da dieci anni. In dieci anni non mi è cresciuto il piede e non sono diventata più alta. Ho imparato a non vergognarmi di ciò che mi rende unica. 

Oggi è il mio compleanno. Con questi maledetti calzini in mano, il bucato sparso sul letto, i capelli pazzi, mi guardo ancora allo specchio. E mi chiedo dove sarò tra dieci anni. Se riuscirò a mascherare la mia età. Che al momento è la mia massima preoccupazione. Roba che l'altra settimana mia Nonna mi chiama e mi chiede: "Ma tu devi fare 19 anni al compleanno, vero?". Io le ho dato ragione e le ho detto di diffondere il Verbo.

La sintesi è che non so dove sarò tra dieci anni (perché in realtà non so neanche dove io sia adesso), so dove ero a 12 anni (certamente non dall'estetista), la pancia scoperta non me la potevo permettere a 12 anni e neanche adesso, il bucato non è ancora nei cassetti  e c'è un paio di calzini  che mi segue da dieci anni, il che la dice lunga sul fatto che io debba rinnovare il mio parco intimo.

Vostra sciagattante, più vecchia di un anno e costernata

Platypus


4 commenti:

  1. Ahahahahahahah credo che le medie siano state un periodo più oscuro per molti. All'epoca, non capendoci una cippa d'inglese feci una mia reinterpretazione personale di "Hit me baby one more time", con protagonista il maialino Babe: "Oh Babe Babe/ va in città.../Chiede informazioooni../"Excuse me/I don't wan...ehm... excuse me/ Dove posso/Fare la pupù/ Uh-uh-uh-uh-uh?!"
    L'ho già detto che anche per me le medie sono state il periodo più oscuro dei miei "19" anni? :) Anche senza scaldamuscoli?
    Sciagat-tanti auguri Platipus!! <3

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  2. Eeeeeeh la mia mamma Rottermeier non mi ha concesso neanche gli scaldamuscoli! Quanto alle calze a righe dai colori improbabili, quello sì (e forse dovrei dire purtroppo), idem per il baffo alla Umberto primo portato con inconsapevole serenità. Eppure siamo ancora le stesse, o meglio, allora eravamo in potenza ciò che siamo ora. Più consapevoli e, ci si augura, più serene nel rapporto con noi stesse e con gli altri.
    W gli insight da appaiamento calzinorum e tanti auguri di buon compleanno!

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