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mercoledì 15 gennaio 2014

Avventure al alto tasso di distrazione- Vol.3, boccaccia mia taci

I miei amici ed i miei familiari lo sanno. A volte mi risveglio dalla mia vita da ornitorinco per proferire verbo. Il verbo più sbagliato e meno opportuno. Non è colpa mia, è che pare che io sia farfallona e che la mia mente sfarfalli con me. Cose che ad altri sembrano ovvie, a me bisogna spiegarle. E se non me le si spiega in anticipo, rischio delle atroci e colossali figuracce. Che, puntualmente arrivano.

Perché se mi capitavano nell'infanzia, mia madre poteva sbrigarsela con un "Ma che cosa si inventa questa bambina" e smorzare con una risata. Da una certa età in poi non sono stata più giustificabile e la gente mi ha lasciata sola nelle mie crociate per conquistare il Sacro Graal delle figure di merda.
Nuda, indifesa ed abbandonata in balia della mia boccaccia. 
Una volta, avevo 15 anni, si era a Londra con la famiglia per il ponte della Befana. La sacra famiglia era stata invitata a cena da un esimio surgeon inglese, il mentore di padre durante i suoi master oltremanica. Gente fine, elegante, di quelle persone che abitano in quelle favolose ville vittoriane che sono il mio sogno proibito sin da quando ho facoltà di intendere e volere, fortissimamente volere. Perché tutto fosse più facile, il nostro albergo era esattamente dall'altro capo di Londra. 
Arriva la sera della cena. Dopo la rivista di mia madre nella camera d'albergo ("Padre raddrizzati la cravatta, Sorella raddrizza la schiena e sistemati il collo della camicia, Platypus eccoti la salvietta struccante per tutta quella matita nera che ti fa sembrare un panda"), prendiamo la metro e poi un taxi, dal quale scendiamo in pompa magna, mentre il collega di mio padre ci aspetta sulla soglia della villetta dei miei sogni. 
Baci, abbracci e saluti calorosi, per quanto possa essere calorosa una coppia inglese abbastanza upper class. Si prendono i posti per la cena ed io capito tra la padrona di casa e Madre. Si fa la small talk del caso, cominciando dal tempo, mavalà, e poi, incauta, la nostra ospite si rivolge a me.
-So, Platypus, you took the taxi from the hotel, right?
Ioesaltata, ecco il momento di far vedere che l'inglese lo so, e lo so bene, nel mio migliore accento Posh, copiato da Victoria non ancora Beckham dai tempi delle Spice, rispondo:
-Oh, we took the tube and than the taxi.
In quel momento Madre ha un accenno di sincope e Sorella comincia a tirare fuori le carte per escludermi dallo stato di famiglia. Madre, che ha ormai un incarnato color Bordeux, annata del 1976, si recupera dal mini infarto e comincia a ridacchiare istericamente. Sorella mi fulmina con lo sguardo ed io le guardo senza capire. La lady, invece, mi rivolge un sorriso, dolce, di quei sorrisi che le donne inglesi rivolgono solamente ad una pianta d'ortensia in chiara crisi di sopravvivenza, un sorriso dove erano compressi anni di marmellate fatte in casa e passati ad andare in visibilio per i vari Royal Baby e Lady D. Madre entra in modalità stress post traumatico e continua a sillabarmi "tube" con la bocca e scuotendo la testa.

"Madre ma se mi chiedono di fare conversazione?"

Che ne sapevo io che andare dall'albergo a casa loro in taxi ci sarebbe costato un rene a testa, ma che dovevamo comunque evitare la figura del poverello di Assisi? A quanto pare questo evento ha dato a mia madre la spinta necessaria per imparare l'inglese, motivo per il quale ho passato le vacanze natalizie a correggerle esercizi.

Vorrei poter scrivere che con gli anni le cose sono migliorate. Vorrei. 

L'altra sera sono andata al cinema con degli amici. Abbiamo visto "Il capitale umano", di Virzì. Tornando a casa abbiamo incontrato un'amica che non vedevamo a tempo.
-Allora ragazzi, cghe avete fatto stasera?
-Noi siamo stati al cinema, abbiamo visto l'ultimo di Virzì.
-Ah, com'era?
-Bello, no, poi la storia, meritava. L'unica cosa è questo accento milanese-brianzolo, non ti sto a dire, "veh, figa", un fastidio.
Attorno a me un tripudio di risate isteriche.
-Ragà, ma che vi ridete, che anche voi non l'avete proprio sopportato, siete stati fino ad ora a bestemmiarlo in tutti i dialetti d'Italia.

Cala il gelo, l'amica sorride, parla del tempo e se ne va.

-Platypus, hai realizzato che lei è di vicino Milano?
-...

"L'ha detto, l'ha detto veramente"


Si tratta solo dell'ultima in ordine cronologico. In senso assoluto penso non smetterò fino alla morte. E anche lì ci sono un sacco di possibilità.

Vostra e sciagattante,

Platypus


3 commenti:

  1. Ahahahah! Anche io pensavo di essere sola e invec siamo tanti. Sollievo.

    Capita, vai tranquilla. E poi se la tipa è simpatica, anche se di Milano, la storia del "veh, figa" lo conosce da tempo e ci sa anche scherzare su. Io la mia amica di Milano la prendo di continuo in giro e mi parla ancora quindi non dovrebbero esserci problemi... ;-)

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