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mercoledì 8 gennaio 2014

Philomena, Frears

C'è voluto una motivazione molto forte per accettare di andare al cinema alle 18.00 del 6 gennaio. Appena arrivata davanti ai miei occhi si stendeva un tappeto di bambine starnazzanti. Un muro di personcine pigolanti sotto il metro e trenta che andava a vedere Frozen. Per arrivare a fare i biglietti è stato necessario scavalcarle, letteralmente. E poi le dolci manine appiccicose di dolcetti che sfioravano il mio giubbotto...Non ero in visibilio. Ma alla fine ce l'abbiamo fatta e siamo riusciti ad entrare. Il motivo che mi ha spinto a tutto questo è stato Frears ed il suo film, Philomena.
Vorrei poter dire di essere un'esperta di cinema, ma invece nein, sono una mera spettatrice. Quindi non vi sciorinerò l'opera omnia di Frears, nominandovi i film meno conosciuti e spiegando le varie influenze subite ed suscitate sul cinema inglese dagli anni Ottanta ad oggi. Di suo non ho neanche visto Alta Fedeltà (del quale mi manca anche la lettura del romanzo di Hornby, quindi direi che è più che accettabile). Ho visto però The Queen, perfetto per una persona come me, cresciuta con storie delle buonanotte che spaziavano dai miti greci ai pettegolezzi sulla famiglia reale britannica. Meno conosciuto, ma anche bellissimo gioiellino è  Lady Henderson presenta, senza parlare poi di Cherì, godibile e perfetto per i giorni di sindrome pre mestruale, accompagnato da gelato al cioccolato. Di Frears ho anche in hard disk My beautiful Laundrette, passatomi da C., due anni or sono. Prima o poi mi deciderò a vederlo.

La battuta più bella di tutto il film:
Martin, I didn't even know I had a clitoris
!
Ovvero l'educazione sessuale dei cattolici negli anni '50.
Philomena, dunque. Tratto da una storia vera, racconta della ricerca di una madre. Quando partorisce in Irlanda a metà degli anni 50, Philomena ha diciotto anni ed è una ragazza madre. La conseguenza è quasi ovvia: rinchiusa in un istituto di suore è obbligata a dare in adozione il bambino, minacciata per farle mantenere il silenzio. Silenzio che durerà cinquant'anni, un matrimonio ed altri due figli. Aiutata da un cinico e disincantato giornalista inglese, suo opposto, parte alla ricerca del suo bambino. 

La vicenda poteva essere trattata in maniera scontata: una ricerca con due personaggi opposti o molto diversi, una storia strappalacrime, si sarebbe facilmente rischiato di cadere nella solita minestrina riscaldata. Eppure Frears evita questo rischio. Pur essendo molto diversi i personaggi non scadono mai nel banale. Martin Sixsmith (Steve Coogan) è il classico personaggio  molto british, molto colto, molto razionale molto cinico. Philomena Lee (Judy Dench) è una donna semplice, che nonostante tutto il male subito, riesce a perdonare e a mantenere la sua fede. Perché in realtà è la fede il centro nevralgico della vicenda: si potrebbe pensare che con tutto quello che la Santa Madre Chiesa Cattolica le ha fatto, Philomena sputi veleno al solo sentirla nominare. Invece no. Il suo credo è la sua forza. Bello da vedere, per carità, ma il mio personalissimo approccio sarebbe più simile a quello del giornalista, che non esita ad esprimere le sue opinioni alle suore dell'istituto.

L'istituto altro non è che una di quelle case di correzione che si erano già viste e denunciate in Magdalene, di Mullan. Film che ho visto alla tenera età di undici anni, giusto per acuire la mia paura delle suore. Potrei anche aver spizzato una citazione di questo film in Philomena, nel viso di una delle ragazze compagne di sventura della protagonista. Ovviamente è tutto molto aleatorio e non metterò su l'aria da saputella che sembra confarsi così tanto ai veri cinefili.


Straordinaria in tutto il film la Dench. Brava, non ha paura di mostrarsi nei primi piani in tutta la sua età, e chissene delle rughe, delle zampe di gallina o simili. Tanto si era resa odiosa in Diario di uno scandalo, tanto riesce umana e adorabile in questo film. Pianta nella telecamera quegli sguardi lucidi e taglienti come acciaio e ti ammutolisce con la loro espressività. E si, lo so che è Judy Dench, mica piccolezze, ma c'è solamente da starsene zitti, piangere e ridere.

Si, perché la grandezza di Frears sta anche nell'inserire momenti innegabilmente comici, di quell'humour inglese elegante e sottile.

Due parole anche sul poster promozionale: secondo me rende meglio quello inglese, rispetto a quello italiano. Sarà il fatto che rende meglio la dimensione del film, che non vuole essere completamente seria e tragica, ma vuole mantenere una certa leggerezza. Senza contare che potrebbe attrarre anche un pubblico più vasto, giusto per dire. Ma queste finezze di marketing in Italia non vengono recepite, altrimenti come si farebbe a chiudersi in quella bella torre d'avorio degli pseudo intellettuali, che vedono solo film premiati ai festival e leggono solo best seller, ma-culturali-per-carità? Senza contare che il poster italiano richiama volutamente quello di The Queen, per la posizione dell'attrice protagonista. 






Ne è valsa la pena. Anche scavalcando orde di nanetti elettrizzati per Frozen (che è nella mia lista di film da vedere).

Vostra e sciagattante.

Platypus

6 commenti:

  1. madonna già dal poster si capisce che sto film fa venir sonno

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  2. Sei la seconda persona che me ne parla bene e a dir la verità mi fa piacere perché a guardare il trailer mi ero incuriosita... Judy Dench poi io la trovo grandissima...
    lo recupererò! :-)

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  3. Pare interessante, non l'avevo ancora sentito nominare: grazie! Dalla locandina British sembra una commedia di teatro, sarà per quello che forse non ci ho fatto caso e l'ho catalogata come tale. Non che il teatro non mi piaccia, ma qui siamo letteralmente sommersi da locandine di spettacoli e non ci faccio più caso :-)

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  4. Anch'io volevo vederlo! Però la nanetta con le mani appiccicose che è in me ha preso il sopravvento e ho scelto Frozen *____*
    Ma recupererò, al più presto. Ho sentito pareri contrastanti, ma mi fido della tua opinione :)
    E poi Judi Dench assomiglia moltissimo a mia nonna.

    :*

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